Adolescenti e Hikikomori: La Forza del padre che non c’è

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Hikikomori è un fenomeno che riguarda oltre un milione di giovani adolescenti giapponesi, la maggior parte maschi che, in maniera apparentemente non motivata, si ritira nella propria stanza e vi rimane ininterrottamente per lunghi periodi, spesso molti anni. Si tratta di una vera e propria epidemia che porta progressivamente gli adolescenti a “ritirarsi dal mondo”, a smettere di uscire, andare a scuola, frequentare gli amici, per chiudersi dietro la porta di camera e passare il tempo su internet. E a vivere soltanto attraverso i propri avatar. Fino a qualche anno fa, sembrava che quello dell’hikikomori fosse un problema esclusivamente giapponese, contesto dove anche la tecnologia è più avanzata, invece anche in Occidente stanno emergendo storie di giovani reclusi volontari.

Il giovane inizialmente si isola per riposare, per reazione a episodi di bullismo, per un fallimento scolastico; ma con il trascorrere del tempo la reclusione provoca patologie come fobie, psicosi o violenza domestica. E la famiglia mantiene il segreto per anni prima di interpellare uno specialista.

Spesso il contesto familiare è caratterizzato dalla “forza del padre che non c’è”: un padre “invisibile”, non presente perché lontano, emotivamente, fisicamente o perché immerso nel lavoro e da un rapporto madre-figlio simbiotico che ha travalicato i confini di una sana gerarchia.

Ma che cosa succede a chi sceglie di chiudersi dietro alla porta della propria camera? Prima di tutto, salta la nozione del tempo, in quanto non è scandito da alcun avvenimento: l’autoreclusione si perpetua giorno dopo giorno e i suoi effetti devastanti non tardano a sopraggiungere: c’è chi si fissa di avere un brutto volto e vuole ricorrere alla chirurgia plastica obbligando i genitori a occuparsi di tutto, altri strutturano rituali ossessivo-compulsivi, fissandosi sull’igiene personale: spesso pretendono che l’aiuto della madre per compiere queste azioni ossessive e il minimo cenno di rifiuto provoca reazioni aggressive e/o di violenza.

Comune a quasi tutti è l’inversione del ritmo giorno-notte: l’orologio è come spostato, si annienta il valore del giorno dormendo, tentando di reprimere il senso dì inferiorità per essere inattivi nel lasso di tempo in cui tutta la società opera e produce. La notte è tutta on line: internet in tutte le sue sfaccettature(musica, sport, giochi on line, chat, social network)consente la messa in atto di pratiche che hanno lo scopo di permettere un’occupazione del tempo senza che il senso di vuoto sia troppo incombente, consente inoltre, attraverso per esempio second life o chat virtuali di svariati tipi, di dare vita personalità immaginarie che non corrono il rischio di confrontarsi con l’altro.

Inoltre si esce di casa solo se accompagnati dai genitori oppure, in alcuni casi, solo di notte.

Come poter intervenire per disinnescare quello che sta diventando una corto circuito sempre più dilagante?

Come aiutare questi neo-eremiti ormai in equilibrio nel loro mondo in una stanza?

Ristabilire la funzione paterna all’interno del modello familiare, rappresenta il primo passo per poter interrompere tali circili viziosi. Questo,al fine di ricostruire una sana gerachia che possa esercitare una guida e una grauduale spinta e apertura al cambiamento.